Lamilem Badasa è una donna etiope giunta negli Stati Uniti con un passaporto non valido.
Per comprovare la sua identità ed ottenere asilo si era avvalsa di un documento rilasciato dall’Etiopia, un “laissez-passer”.
La vicenda è finita in tribunale, dove un giudice ha formulato la sentenza di rimpatrio forzato della donna consultando una pagina di Wikipedia.
Non è stata sufficiente la presenza dell’avvertimento: “Questo articolo non contiene alcuna citazione né alcuna fonte” o il fatto che il materiale non fosse verificabile; un breve paragrafo senza link a fonti giuridiche è stato sufficiente per decretare che la donna in cerca di asilo non avesse diritto ad essere accolta in quanto incapace di provare la propria identità.
Sembra impossibile ma stiamo davvero parlando di una sentenza basata sui contenuti di un aggregatore di conoscenza che non è in grado di garantire affidabilità.
C’è di più.
A quanto pare l’enciclopedia libera è stata citata in centinaia di sentenze e molti legali la considerano un punto di riferimento attendibile, continuamente implementato da utenti autorevoli ed informati.
Eppure stiamo parlando di testi scritti da chiunque, da autorità più o meno dimostrabili che non possono in alcun modo avere la neutralità che dovrebbe caratterizzare un’enciclopedia.
In epoca di Web 2.0 ci capita spesso di considerare le risorse condivise come le uniche veritiere, oggettive ed imparziali senza soffermarci a riflettere su quanto in realtà la loro affidabilità sia limitata.
Fortunatamente una corte d’appello ha sovvertito il giudizio.
ciao a Tutti!
Leggendo l’articolo ho avvertito la necessità di esprimere alcune personali osservazioni.
In primo luogo, ritengo che il “malcapitato” giudice non vada condannato o rimproverato senza conoscere perfettamente le circostanze del processo. In sistemi di common law, come quello di cui si tratta, il Giudice è un organo relativamente libero rispetto a qualsiasi testo scritto. A mio parere, se il Giudice non si è spinto oltre il limite dei principi fondamentali, la consultazione – diciamo un po’ “leggera” – del web non sarebbe davvero così disdicevole. Del resto, in tale ultima ipotesi, si creerebbe la situazione del tutto lecita della ratifica di un precedente errato (circostanza accaduta anche nel nostro sistema giudiziario). Se ne avessi il tempo sarei curioso di leggere la sentenza di appello!
In ogni caso e per fortuna, in Italia abbiamo solo la Bibbia e Juris Data…
Circa il contenuto della sentenza, vorrei uscire un attimo dalla riflessione.
Tanti individui raggiungono terre lontane animati, molto spesso, dalla sana ambizione di migliorare, di crescere e, quindi, di far crescere il PIL del paese di destinazione.
Il futuro è nella globalizzazione reale e non virtuale!
Per tale motivo, sarebbe stato molto più divertente se l'”errore” di Wikipedia avesse permesso al Giudice di accogliere l’emigrante etiope nel territorio USA: “la globalizzazione virtuale, giusta o sbagliata, crea globalizzazione reale”.
questa storia è incredibile. mi viene da pensare che il giudice fosse troppo ignorante di internet e che non si rendesse conto della fonte che stava citando…. altrimenti non me lo spiego proprio. tantovaleva che dicesse “condanno questa donna all’espatrio forzato perchè me l’ha suggerito mio cugino!”!!!!
questa poi … è davvero incredibile 😐
Fighissimo! Io ho una decina di multe non pagate…. quasi quasi vado su wikipedia e scrivo che il pagamento delle multe è facoltativo e che soprattutto dopo la quinta non è assolutamente da effettuare. Dite che funzionerà? 😀
Grande gastone! Inserire qualche paginetta che disciplini il lavoro no???? Tipo che ogni lavoratore ha diritto ad una settimana di ferie al mese, ad una segretaria personale, ad insultare il capo almeno una volta al giorno ecc…..
Consulto spesso wikipedia e grosse imperfezioni non ne ho mai trovate. Sono perfettamente d’accordo che nella maggior parte dei casi sia attendibile ed implementata da utenti veramente informati. Ma da qui a basare la sentenza di un processo sull’enciclopedia libera…. ne passa!
Ragazzi qui si cambia la storia 🙂