Il primo è stato Plutarco: nel suo “Del mangiar carne” accusava gli uomini di uccidere creature mansuete per nutrirsi.
Poi è arrivato Leonardo da Vinci, che rifiutava i piatti di selvaggina offerti nei banchetti perché: “Colui che non rispetta la vita non la merita”.
Di qui al commando di vegani che ha attaccato la festa degli arrosticini, o agli animalisti che hanno aggredito Giuseppe Cruciani (che li ha affrontati brandendo un salame), il passo è stato breve.
Ma i vegani non dovrebbero essere proprio quelli che rifiutano la violenza contro gli esseri viventi? E gli esseri umani non fanno parte della categoria degli esseri viventi? Oppure, se mangiano carne, rientrano automaticamente in quella di esseri viventi di serie B?
Una persona che mangia solo cotolette di seitan, la immagino meno intossicata, meno aggressiva e dunque più indulgente e serena… tipo Red Ronnie, che non uccide i pidocchi perché “hanno dei sentimenti”.
Questi nazi-vegani, invece, sembrano una contraddizione in termini: il loro fanatismo assume una deviazione di prospettiva che non solo rispetta l’animale ma lo rende vero e proprio centro della propria esistenza materiale e spirituale.
Tanto da ritenere “normale” pubblicare un annuncio di “appartamento vegan, affittabile da tutti a patto che in casa non entri carne e pesce”.
Eppure sono convinta che ci si possa opporre alla violenza sulle specie animali senza sfociare nell’estremismo, trasformandosi in macellai… della pazienza.
Altrimenti aveva ragione George Orwell, quando sostenne che “ci sono persone, come i vegani e i comunisti, con cui è impossibile discutere”.
Dato che i comunisti non esistono più da un pezzo, non è che i fondamentalisti dell’alimentazione stiano cercando di prenderne il posto?