Perché nulla sarà più come prima dopo quella notte, quella dell’11 luglio 1982, i 3 gol alla Germania, l’Italia Campione del Mondo, Pertini in piedi, la coppa che si alza in cielo sorretta da Paolo Rossi.
Nulla sarà più come prima quando qualche settimana dopo esce in vendita il primo Commodore 64, seguito dal primo compact disc.
È l’Italia che va, che ancora attraversa il suo golgota di dolore, la coda avvelenata degli anni di piombo, finiti con quel triplice grido “campioni del mondo”, nella notte delle auto in strada, dei clacson premuti, dei bagni nelle fontane, delle bandiere tricolori uscite da chissà dove perché, diciamolo, non le sventolavamo da tempo: erano nel cassetto da Italia-Germania 1970, riposte perché quell’orgoglio nazionale se l’era portato via il terrorismo, il sospetto, la malapolitica, Ustica, la strage di Bologna.
Chi poteva narrare meglio un Paese che vuole ripartire e non lo sa? Chi ha insegnato a Paolo Rossi che il suo calcio al pessimismo e al piombo che incollava l’Italia sarebbe stato il migliore piano di comunicazione per far sapere a tutti che l’Italia c’è e se vuole, anzi, quando nessuno più le crede, ha il fiato per correre fino a fare gol, superando persino il Brasile?
Senza quella vittoria, senza Pablito, non ci sarebbero stati la Milano da bere, i ruggenti anni 80, la bimba che perde lo scuolabus e salva il gattino perché dove c’è Barilla c’è casa.
L’Italia che produce, che esce di sera, che batte la paura, che esporta, che con Giugiaro disegna la Fiat Uno e la casa di Torino diventa il primo produttore di auto in Europa, il quinto al mondo.
Non è solo il calcio, bellezza. È il motore di un Paese che corre con le gambe di quel ragazzo di Vicenza che giocava contro la storia, sconfiggendo il pessimismo.
E’ quel sorriso al cielo di Pablito, diventato il miglior brand del Made in Italy che, dopo quella notte, non ha prezzo, ma tutti vogliono.