Anni fa, quando ero una studentessa di Scienze della Comunicazione che trascorreva troppe ore alla cineteca di Bologna, tra i libri di Flaiano, Fellini e Mastroianni (i miei preferiti) incappai, per caso, in C’era questo, c’era quello, di Enrico Lucherini e Matteo Spinola, inventori (in Italia) del mestiere di press-agent.
Fu amore a prima lettura.
Un amore che, negli anni mi portò ad occuparmi di Viral Marketing e Guerrilla Marketing… Anche se oggi scommetterei di più sull’Instant Marketing, dall’altra parte della barricata. Ma poco importa.
Tra i tanti episodi raccontati da questi folli soggetti che, per più di 20 anni, hanno fomentato l’indiscrezione e il pettegolezzo con un’inventiva ed una faccia tosta che sfiorano la genialità, uno, in particolare, è rimasto impresso nella mia memoria: era il 1961 e Sophia Loren era candidata a miglior interpretazione femminile per La Ciociara al Festival di Cannes.
A Cannes bisognava beccare il premio. Arrivò la grande serata. Nella mia stanza mi allacciai al gomito sotto lo smoking un pezzo di acciaio, scampolo di armatura rimediato da un trovarobe. C’erano 3000 persone che gridavano “Sofia, Sofia, Loren, Loren!”. Mi mischiai fra la gente e andai a mettermi dietro ai fotografi, le spalle alla grande vetrata del Palais. Quando Ponti e la Loren arrivarono ai piedi della scalinata d’ingresso […] alzai il gomito rivestito d’acciaio e lo feci ricadere, con tutta la forza che mi ritrovavo, all’indietro contro il vetro. Fu come una bomba, la vetrata si disperse in migliaia di pezzi, la folla dimenticò in un istante Cannes, Loren, cinema, festival e urlò, si dimenò, ondeggiò, si disperò […].
La mattina dopo i giornali francesi e italiani mostravano grandi foto e servizi sul clamoroso incidente al Palazzo del cinema, una marea di gente che, per vedere da vicino la Loren, aveva tanto premuto sulla vetrata fino ad abbatterla
(“C’era questo, c’era quello”, Mondadori, 1984, capitolo V).
Questa notte, durante gli Oscar 2017, abbiamo assistito ad un finale a sorpresa.
Warren Beatty ha aperto la busta che decretava il vincitore della categoria “miglior film”, ed è rimasto interdetto. Dopo alcuni secondi ha passato il cartoncino a Faye Dunway, che ha chiamato sul palco il cast del musical La La Land. Il produttore del film ha iniziato il suo discorso di ringraziamento e, d’un tratto, si è interrotto: “Abbiamo perso”. Era la busta sbagliata. Il vero vincitore è Moonlight.
A trionfare non è la lezione d’amore del musical di Damien Chazelle, ma una storia black di povertà, droga e amore gay.
Di lì a poco, il tragico annuncio: per capire come sia potuto succedere, la PricewaterhouseCoopers (società che si occupa del conteggio dei voti) ha aperto un’indagine.
In pratica, il più grande spot per gli Oscar 2017 è sfociato in… un’inchiesta.
Ciao Enrico Lucherini. Ciao Matteo Spinola.
Addio marketing, addio magia.
P.S. Ad approfittare della situazione, fortunatamente, l’Instant Marketing di Ryanair 🙂
Get the name wrong? We offer 24hr grace periods to correct minor errors. So you won’t be left in La La Land. #Oscars https://t.co/OJfTN8vOrA pic.twitter.com/NVtD9TDeB3
— Ryanair (@Ryanair) 27 febbraio 2017