Il marketing nella trappola della polarizzazione

Cos’hanno in comune Donald Trump ed Elon Musk? Oltre a un ego smisurato, intendo. Entrambi stanno riscrivendo (male) le regole basilari del marketing.
Da un lato il tycoon, che prima annuncia dazi su tutti i prodotti provenienti da Messico e Canada, poi fa retromarcia quando si accorge che i Pick-up (Sacro Graal dell’elettore repubblicano medio) ne verrebbero colpiti.
Dall’altro, il visionario diventato barzelletta, che con le sue uscite sempre più trumpiane ha trasformato Tesla da status symbol dell’innovazione a feticcio imbarazzante. E le vendite? A picco.

Trump ha fatto dell’”America First” il suo mantra, salvo poi ricordarsi che gli States non sono solo McDonald’s e Village People, ma anche squinternati con cappello da cowboy che acquistano Ford F-150 come simbolo di virilità (per poi parcheggiarle davanti a Starbucks e scendere a gustarsi un frappuccino alla vaniglia). Retromarcia fulminea: i dazi vengono rinviati, magari dimenticati. Perché il consenso è volatile e lo zoccolo duro dell’elettorato va tutelato, anche a costo di fare dietrofront sui grandi ideali sbandierati.

Lezione #1: Non si asfaltano i propri clienti. Se il tuo pubblico ama un prodotto, non farglielo pagare il doppio, a meno che tu non sia in grado di aumentarne il valore percepito.

Se poi c’è qualcuno che ha fatto harakiri con il proprio brand, quello è Elon Musk. Un tempo profeta dell’innovazione e della sostenibilità, oggi più impegnato a litigare su Twitter (ops, su “X”) e a flirtare con la destra estrema, conservatrice e assurdamente anti-ecologica. Il risultato? Un crollo delle vendite del 48% in Europa a gennaio. A quanto pare, chi comprava Tesla non lo faceva solo per la tecnologia, ma anche per un certo sistema valoriale. Valori che Musk ha deciso di calpestare senza riguardo e senza considerare l’effetto boomerang.

E così le Tesla già vendute, soprattutto nei Paesi scandinavi, si ritrovano con un nuovo optional: l’adesivo “I bought it before Elon went crazy”. Un tocco di ironia che non fa ridere gli azionisti dell’azienda.

Lezione #2: Se il tuo brand è legato alla tua immagine, non trasformarti in una caricatura. Perché passare da genio a meme è un attimo, giusto il tempo di un saluto romano.

Oggi il marketing è più politicizzato che mai. I consumatori scelgono prodotti che rispecchiano i loro princìpi. Se li deludi, ti puniscono nel modo più crudele: smettono di comprarti.

Trump l’ha capito appena in tempo e ha frenato i dazi per non perdere il suo pubblico. Musk, invece, ha spinto sull’acceleratore della deriva ideologica e ora vede il suo impero elettrico in cortocircuito.

Lezione #3: Prendere posizione è legittimo, ma non dimenticare mai chi sono i tuoi clienti. Perché il tuo prodotto non lo vendi a te stesso, ma a loro.
E se li tradisci, non c’è algoritmo che possa salvarti.

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