Suona la sveglia, mi affaccio alla vita in una fredda mattina di ottobre.
Fuori le prime tracce d’autunno: cielo grigio e nuvoloso, qualche goccia di pioggia.
Esco di casa, cammino veloce nell’aria pungente, salgo in macchina e mi immetto nel traffico nervoso di Bologna, verso una giornata lavorativa come tante.
Alla radio passa “The sound of sunshine” di Michael Franti, alzo il volume, mi immergo nella musica, sospendo i pensieri.
Here I am, just waiting on this storm to pass me by…
Ferma al semaforo guardo la vita che scorre fuori dal finestrino, il frenetico movimento di cose e persone, il fluire della normalità.
Una signora anziana aspetta l’autobus riparandosi sotto un ombrello rosso, un ragazzo fa jogging passandole accanto, un taxi attraversa l’incrocio e si allontana veloce.
Scatta il verde, ingrano la marcia, svolto a destra e la quotidianità, con l’incalzare della sua rassicurante consuetudine, si interrompe all’improvviso.
Un ragazzo in scooter si avvicina in senso opposto ma perde il controllo del mezzo: il suo corpo, scagliato in aria, atterra sull’asfalto con un rumore sordo.
La ruota della macchina si ferma ad un passo dal suo capo riverso al suolo.
Il silenzio avvolge ogni cosa, in un mondo ovattato la cui frenesia sembra un ricordo lontano, sospeso nel tempo.
Mi avvicino, è vivo, respira e io con lui.
Il cielo, umido e tetro, è comunque bellissimo.