Mentre Farhad Manjoo, editorialista del New York Times, si chiede se non sarebbe più opportuno che ai capi di Stato e di governo venisse vietato l’utilizzo dei social media, noi finalmente risolviamo il problema affidando la presidenza del Consiglio a Mario Draghi, figura autorevole e sobria, notoriamente a digiuno di post e tweet, in controtendenza col profilo dell’uomo politico moderno.
Un’assenza che parla più di una diretta social, lanciando un messaggio inequivocabile, cristallino, in linea con l’elevato profilo professionale: “non mi avrete”.
Le sue decisioni e il suo lavoro non saranno a nostra disposizione per commentare, criticare o sbrodolare cuoricini: si torna a una politica gestita nelle sedi opportune, e non urlata sul Web in un’eterna ricerca di protagonismo.
In un mondo digitale e iperconnesso, fin troppe cariche istituzionali hanno approfittato della disintermediazione: nella migliore delle ipotesi costringendo i media a rincorrerle mentre dettavano l’agenda politica sui social, nella peggiore scatenando bestie e bestioline, costruendo campagne di disinformazione, manipolando l’opinione pubblica, disperdendo il dissenso a colpi di like.
Il problema non riguarda solo l’Italia (da Trump a Bolsonaro a Maduro, imperversano gli esempi di uso e abuso della comunicazione diretta a scopi propagandistici) ma certamente il nostro Paese è reduce da un anno in cui, utilizzando la leva dell’emergenza Covid-19 e il ruolo che occupava, il premier uscente Conte ha sfruttato le dirette Facebook per ottenere record di engagement, accrescendo la propria visibilità personale in maniera poco istituzionale e molto discutibile.
Il pioniere del metodo, a dire il vero, è stato l’alleato di governo nel primo esecutivo guidato proprio dall’avvocato del popolo: Matteo Salvini, da ministro dell’Interno, decideva le sorti dei migranti a bordo di Sea Watch e Diciotti attraverso l’hashtag #portichiusi, barattando vite con voti e facendo il pieno di consensi.
Con zero stories, zero selfie e zero dirette Facebook, se Draghi decidesse di comunicare tramite social di certo sceglierebbe i canali ufficiali e istituzionali, non quelli personali e, addirittura, potrebbe passare più tempo a governare che a scrivere post.