Come non dargli ragione? Sui social network imperversano gli imbecilli, quelli che hanno sempre un’opinione inoppugnabile su tutto, che usano un linguaggio abbreviato e condito di faccine nel quale la “k” svolge un ruolo dominante e che, fosse per loro, cambierebbero il titolo a “Il nome della rosa” in “Scusa ma ti chiamo Rosy”.
Siamo a Torino, nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale, ad un incontro coi giornalisti dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. E’ il momento. Umberto Eco decide di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli […]. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.
E una stoccata, doverosa, anche ai giornalisti: “Dovrebbero filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di Internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno […]. I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno”.
Per tutta risposta, oggi sui social non si parla d’altro.
Evidentemente in tanti si sentono chiamati in causa.