E’ iniziata la corsa per accaparrarsi l’iPhone5, nuovissimo gioiello di casa Apple, e i vescovi italiani hanno sentito il bisogno di dire la loro attraverso le colonne dell’Avvenire.
L’accusa è di razzismo tecnologico: “La corsa all’ultimo modello e la supremazia simbolica della mela morsicata stanno producendo nuove forme di disuguaglianza che discrimina chi non posside l‘iPhone”, e quindi “Le stesse tecnologie che hanno reso il mondo più orizzontale rischiano di produrre nuove tensioni, se il discorso dell’innovazione viene affrontato solo in termini di entusiasmo tecnologico”.
Ma non solo. Gli illuminati della Cei ci avvertono di fare attenzione perché questo dispositivo diabolico sembra realizzare il sogno di controllo della realtà attraverso la tecnologia: “Si tratta di dispositivi che riaccendono la fiducia nella magia. Come la bacchetta magica era in grado di produrre immediatamente apparizioni, trasformazioni, eliminazioni, così lo smartphone, protesi ubiqua e sempre attiva, sempre più leggera e maneggevole e quasi trasparente, ci consente di azzerare l’intervallo tra desiderio e realizzazione”.
Insomma, non so se ho capito bene, ma secondo questi signori è importante ricordare che la realtà non può essere controllata con l’hi-tech.
Molto meglio controllarla col terrorismo psicologico che la Chiesa ha fatto per anni.
la chiesa non fa che farsi pubblicità in ogni modo
Nessuno ha mai pensato di controllare la realtà con la tecnologia ma di sicuro non si controlla nemmeno con la religione questi signori dovrebbero riflettere di più invece di tirare sempre e solo l’acqua al loro mulino
se dovessimo ascoltare la chiesa non avremmo iphone nè tecnologia e saremmo ancora fermi al papiro!
la chiesa teme tecnologia e innovazione perchè spingono le persone ad aprire gli occhi e a non farsi più tiranneggiare da una tradizione del passato che non ha più senso di esistere
la chiesa vuole impedirci di divertirci con qualunque mezzo… una volta ce l’aveva col sesso prima del matrimonio e coi profilattici… oggi coi telefonini! che tristezza però