Ormai ci eravamo abituati all’idea di mostrare il pipino ogni volta che dobbiamo prendere l’aereo, con tutti gli incidenti e gli imbarazzi che questo può comportare.
I body scanner sono ancora in fase sperimentale ma a partire da luglio dovrebbero diventare obbligatori in tutti i luoghi a rischio terrorismo, soprattutto nelle stazioni ferroviarie, come dichiarato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Nonostante le critiche mosse dal Garante per la Privacy, Maroni è convintissimo che questi sistemi funzionino sia come deterrente sia come tecnica di individuazione di sostanze pericolose che sfuggono ai metal detector, mentre Alfredo Siani, presidente uscente della Società Italiana di Radiologia Medica, ha rassicurato sui possibili effetti nocivi alla salute: l’esposizione alle onde durante il controllo sarebbe infatti di 10mila volte inferiore a quella derivante da una chiacchierata al cellulare”.
E sia dunque, body scanner nelle stazioni ferroviarie.
Giusto per essere sicuri di perdere l’unico treno puntuale.
Accidenti, proprio ieri ero in stazione… e non mi è passata per la mente che poteva passare uno e farsi esplodere! Dalle facce che giravano erano tutti sospettati.
Io che arrivo sempre 2 minuti prima che parta il treno, sono fregato.
Un test d’intelligenza per maroni, please
D’altronde che senso avrebbe usare i soldi dei contribuenti per qualcosa di utile?
Quali soldi? Li hanno già spesi tutti, tanto 🙂
e quando mai un treno arriverà in orario? a parte la rottura di palle c’è tutto il tempo volendo anche di leggersi l’intera treccani
E così scopriranno che sono un trans superdotato.:)
Hahahahah allora grattatelo con soddisfazione 😉
Io capisco la sicurezza ma avete peresente il numero di persone che transita in una stazione ferroviaria e quanti treni in partenza ci sono? Come si può pensare di sottoporre tutti al body scanner? Non ce ne sarà più uno che riuscirà a prendere il treno, e molto probabilmente i treni per aspettare le persone saranno ancora più in ritardo rispetto a oggi….. che incubo!!!
e chissenefrega della privacy